La prescrizione dei crediti
Il diritto di credito contenuto in una sentenza passata in giudicato si prescrive in dieci anni, mentre la mancata impugnazione di un qualunque atto impositivo non comporta l'allungamento del termine prescrizionale. Ad affermare questi importanti principi sono le Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza 23397, che potrebbero avere rilevanza anche ai fini della valutazione della rottamazione dei ruoli.
Nell'ordinanza oggetto della sentenza, i giudici di legittimità hanno rinviato la decisione alle Sezioni unite. La questione era così legata all'interpretazione dell'art. 2953 del Codice civile, con riguardo all'operatività o meno della "conversione" del termine di prescrizione breve in ordinario decennale, in seguito alla mancata impugnazione di atti di riscossione riferiti sia a contributi previdenziali, sia più in generale a qualunque entrata tributaria statale, comunale e provinciale, ed anche con riguardo alle sanzioni amministrative. In sostanza, il dubbio riguardava il termine prescrizionale del credito contenuto in un atto non impugnato dal contribuente.
Sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva, ivi compreso anche l'accertamento esecutivo, non sono idonei ad acquistare efficacia di giudicato. L'assenza dell'impugnazione nei termini previsti può comportare, infatti, solo l'irretrattabilità del credito contenuto nel provvedimento, ma non automaticamente la trasformazione del termine prescrizionale. - legautonomie