Gli appalti pubblici e la trasparenza
La scorsa settimana, diversi giornali hanno pubblicato interviste e approfondimenti su un tema che ci vede coinvolti in prima fila: quello degli appalti. Si è parlato molto delle intenzioni del neo-governo di riformare il Codice degli Appalti e di ripensare il ruolo di ANAC, con – sembrerebbe – una nuova parola d’ordine: privatizzazione.
Grazie al progetto Integrity Pacts: Civil Control Mechanisms for Safeguarding EU Funds stiamo seguendo due appalti con i quali ci siamo “sporcati le mani”, monitorando le diverse fasi allo scopo di rendere più trasparente l’intero processo. Ci siamo quindi addentrati nel tema non più solo sotto un profilo teorico, ma siamo andati a vedere nel dettaglio come si svolge un appalto pubblico, nel concreto.
In questo lavoro ci affiancano diversi esperti in materia di appalti pubblici e abbiamo voluto fare a loro alcune domande per cercare di fare chiarezza sul tema.
Si parla spesso di lavori che vanno a rilento per colpa dell’eccessiva burocrazia e dei controlli. È così?
Il problema della lentezza dei lavori, a mio avviso, non è dovuto all’eccesso di controlli e burocrazia, ma alla inadeguatezza ed impreparazione di gran parte dei nostri Enti Locali. Il nuovo Codice prevedeva giustamente la qualificazione delle Stazioni Appaltanti e la loro aggregazione in Centrali di Committenza, proprio per ridurne il numero ed aumentare la professionalità; purtroppo ad oggi non è ancora stato emanato il decreto attuativo per la qualificazione.
Il Codice degli Appalti ha bloccato davvero la pubblicazione dei bandi di gara, arrestandone l’aggiudicazione?
Un periodo di assestamento, dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice è naturale e fisiologico, ma il problema della riduzione degli appalti di lavori è piuttosto dovuto ad una contrazione degli investimenti ed alla incapacità di programmazione e di progettazione di molti Enti Locali.
I dati resi noti da ANAC nella Relazione annuale 2017 pubblicata lo scorso 14 giugno rilevano una forte ripresa del mercato degli appalti (+36% rispetto al 2016), particolarmente netta per servizi e forniture, più contenuta per i lavori.
Privatizzare gli appalti, quindi trasferire ai privati il controllo dei processi di affidamento e realizzazione delle grandi opere, con un meccanismo di “concessione” può davvero snellire il processo? Quali sono eventualmente le controindicazioni?
La normativa europea già lo prevede, in alcuni Stati UE è soluzione praticata, modelli (solo in parte) simili già esistono a livello nazionale. Le Concessioni sono uno strumento importante, che specialmente all’estero hanno funzionato e funzionano bene. In Italia invece sono state per molti anni la principale fonte di finanziamento occulto dei partiti politici e hanno comportato aumenti assurdi dei costi di realizzazione delle opere.
Bisogna dire che si tratta di un tema complesso. Si consideri anche solo questa ipotesi: in alcune Regioni italiane potrebbe essere una soluzione rischiosa a causa dei noti problemi di legalità, al contempo però potrebbe essere una soluzione che permette di superare limiti e inefficienze dell’amministrazione facendo funzionare meglio il mercato
Si parla anche di subappalti e della possibilità di togliere il tetto del 30% oppure di elevarlo. Quali sarebbero i rischi o i benefici?
La liberalizzazione del subappalto non è necessariamente un vantaggio per il mercato dei lavori pubblici. L’attuale normativa è forse troppo restrittiva, ma in passato lo strumento è stato utilizzato in modo improprio ed eccessivo, per cui potrebbe essere opportuno mantenere un forte controllo sul suo utilizzo.
Ad ogni modo su questo tema possiamo solo applicare congetture e per evitare di procedere in questo modo avremmo bisogno di capire, disponendo di dati, quali benefici e/o svantaggi deriverebbero dall’eventuale ‘liberalizzazione’ del mercato, scelta già operata in altri ordinamenti degli Stati membri.
Quali sono secondo voi le misure da prendere per un’efficace azione di anti-corruzione sugli appalti pubblici?
Professionalizzazione delle stazioni appaltanti, sistemi di monitoraggio semi-automatizzati, mercato elettronico, monitoraggio civico; bene il processo avviato di qualificazione delle stazioni appaltanti.
La Pubblica Amministrazione deve recuperare il ruolo di garanzia e di controllo che le compete, formando i propri funzionari e qualificandosi per diventare Stazione Appaltante; riducendo drasticamente il numero delle stazioni appaltanti sarà più facile monitorare il loro lavoro e prevenire la corruzione e l’infiltrazione della malavita organizzata. Si dovrebbe poi superare il sistema delle SOA (certificazione obbligatoria per la partecipazione a gare d’appalto) che talvolta sono diventate strumento per il controllo degli appalti e prevedere, come succede in tutto il mondo, la qualificazione diretta in sede di gara, grazie ai sempre più potenti sistemi informatici che possono garantire in tempo reale, la verifica dei requisiti dei partecipanti alla selezione. - Trasparency International Italia