La trasformazione digitale della PA: il nuovo libro di Marco La Diega
Sono Marco La Diega e mi occupo di digitalizzazione ormai da più di 20 anni. Oggi voglio parlarvi della genesi del mio libro. “The Switcher”. Credetemi, solo il titolo è difficile.
Ma te lo spiego dopo. Partiamo dall’inizio.
In questa mia esperienza lavorativa, mi sono accorto che la sfida al digitale non può essere affrontata soltanto tramite l’utilizzo di un software innovativo o grazie ad una legislazione moderna e al passo con i tempi. Si tratta di cose importantissime in questo processo delicato che è la trasformazione digitale, ma serve innanzitutto una cosa fondamentale.
Il cancro della pubblica amministrazione è la mancanza di formazione o, ad ogni modo, di una formazione efficace ed efficiente.
Non sapete quante volte mi capita di rispondere a domande del tipo “Marco, cosa prevede esattamente questa norma?” oppure “Cosa succede se non rispetta questa scadenza”. O ancora quante volte mi sono trovato a spiegare il corretto utilizzo di un software acquistato da un’ente pubblico o da un’azienda senza che se ne conoscesse realmente il funzionamento.
Purtroppo, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, la formazione viene erogata commettendo tre errori fondamentali.
Il primo errore è quello di erogare formazione soltanto alla parte dirigenziale. Questo è una grave mancanza, perché la formazione deve essere per tutti. Ora, io non voglio dire che la formazione, quando erogata, non è aperta a tutti, ma concretamente ai convegni o alle formazioni particolari molto spesso va soltanto personale dirigenziale. Si tralascia così quello che è importante invece, ovvero portare avanti una formazione orizzontale, non verticale.
Il secondo errore è che la formazione spesso, anzi spessissimo, è quasi tutta accademica e molto tecnica. Si utilizza un linguaggio difficile, poco comprensibile da tutti. Così, per amore della forma, si perde di vista l’obiettivo più importante della formazione, ovvero la quello di fare apprendere e capire (nota: nell’articolo parlerò di “didattica democratica”).
Il terzo è che la formazione è veramente poca rispetto alle ore lavorative. Da uno studio che ho letto qualche mese fa, ho scoperto che la Francia e l’Inghilterra erogano più di 40 ore l’anno di formazione per i dipendenti pubblici, mentre in Italia siamo fermi a 3 ore. Si tratta di una differenza veramente enorme: 40 ore contro le 3 ore in Italia.
Tutto ciò che ho elencato comporta un blocco nell’evoluzione dell’approccio al digitale.
E’ sbagliato innovare senza avere un obiettivo comune, senza una consapevolezza comune a tutti.
Si fa innovazione insieme, non si fa innovazione da soli.
Per anni mi sono limitato ad aiutare gli enti pubblici e le aziende a cui offrivo consulenza, poi qualcosa è scattata.
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Voglio raccontarti un aneddoto particolare risalente a circa 5 anni fa.
Ero stato invitato come ospite ad un convegno ed ogni tanto intervenivo, con delle precisazioni tecniche, per spiegare alcuni processi della digitalizzazione o ancora procedimenti digitali in riferimento ad alcuni uffici. Ad un certo punto, dopo l’intervento del secondo relatore il moderatore, che era a conoscenza delle mie competenze nella formazione, mi chiamò in disparte e mi disse: ”Marco, puoi fare l’intervento tu perché un nostro relatore è rimasto bloccato a Catania? Puoi intervenire tu, dando un tuo parere? Puoi fare in modo di potere sfruttare al meglio questa giornata?” Così, quasi inconsapevolmente, mi sono buttato.
Ho preso il microfono e ho cominciato a parlare. Il tema era “La conservazione dei documenti digitali”. Non avevo un intervento pronto ma alla fine mi ritrovai a parlare per circa un’ora raccontando essenzialmente esperienze concrete.
Poca tecnica. Pochissimi riferimenti normativi.
Tutto improntato sull’esperienza personale. Alla fine del convegno, mi sono ritrovato a rispondere ad alcune domande da parte di persone che si avvicinano da me su fatti concreti. E io diedi delle soluzioni concrete da applicare. Mentre parlavo, vedevo la luce negli occhi di chi mi ascoltava.
Dal canto mio, mi sentivo poco adeguato, non avendo preparato nessun discorso. Mi aspettavo che il mio intervento fosse visto come un intervento semplicistico, banale. Poi ho scoperto che tanti nello scrivere il parere di come fosse andata la giornata formativa avevano indicato me come migliore relatore.
Tornato a casa, ho riflettuto ancora su questa esperienza. Io non avevo usato termini tecnici, non ero preparato approfonditamente sulla normativa. Avevo semplicemente raccontato delle esperienze personali e presentato dei problemi da risolvere con soluzioni concrete.
Ecco che avviene in me una trasformazione. Comincio a ragionare per esperienza, comincio a ragionare per cose concrete, per logica. Così creo questo blog e mi metto a scrivere articoli, pensieri, riflessioni, che molti di voi avranno letto.
E poi invece, qualche mese fa, ho deciso di prendere gli articoli più interessanti, più condivisi, più discussi di questo blog. Li ho organizzati, riscritti in un modo ancora più accessibile e più conciso in modo da scrivere un libro che possa essere letto da tutti e che abbia come obiettivo quello di agevolare, semplificare il più possibile l’approccio alla digitalizzazione.
Così nasce “The Switcher”. Avevo promesso che vi spiegavo il titolo. “To switch” in inglese significa “commutare”, “scambiare”, ma anche “cambiare all’improvviso”. Ed il protagonista di questo libro è proprio lo switcher, che io intendo come l’eroe silenzioso del passaggio al digitale, colui che è in grado di spegnere la stampante ed accendere il cervello.
Vi lascio di seguito il link per poterlo acquistare, sperando che voi lo leggiate. Ho la convinzione che questo è un piccolo seme, diverso dagli altri.
E me ne sono reso conto quando ho ricevuto i primi feedback dalle persone che l’hanno letto in pre-pubblicazione: soprattutto gente che vive tutti i giorni dentro la pubblica amministrazione, ma anche un sindaco che io stimo molto, Leoluca Orlando, al quale ho mandato il testo, chiedendo di potere scrivere per me una prefazione. Nel giro di pochissimo, mi ha risposto positivamente e mi ha mandato la sua prefazione, con la quale, credo, il libro si completa ancora di più.
Forse abbiamo intrapreso la strada giusta verso un approccio diverso che non sia la solita formazione fatta attraverso corsi accademici e molto tecnici o dedicati soltanto a dirigenti. Non si tratta soltanto di un piccolo corso, ma più come serie di racconti, di storie, di esperienze che possano dare un aiuto per potere affrontare in maniera concreta, in maniera definitiva questo passaggio al digitale.