Le modifiche alla normativa antimafia

Per i commercialisti sono assurdi la norma sugli incarichi ad Invitalia e il tetto massimo di tre incarichi per i professionisti

"La lotta alla mafia, che oggi si fa soltanto con le misure di prevenzione patrimoniale, è una cosa seria e come tale va affrontata. Le molte (forse troppe) proposte di legge presentate e "l’effetto Palermo" hanno prodotto, però, modifiche lacunose e punitive per gli stessi attori coinvolti nel processo di gestione". E' questo il giudizio espresso dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti  subito dopo il via libera della Camera al nuovo Codice Antimafia.

"Riteniamo assurda, oltre che inapplicabile - ha dichiarato il Presidente del Consiglio Nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi -  la norma che prevede l’affidamento dell’incarico di amministratore giudiziario di aziende “di straordinario interesse socio-economico” ai dipendenti della società INVITALIA, così come riteniamo assurda la norma che prevede un tetto massimo di tre incarichi per i professionisti chiamati a gestire i beni sequestrati e confiscati".
"Stante l’elevato tecnicismo della materia,  - ha continuato Gerardo Longobardi - riteniamo, infatti, che la figura dell’amministratore giudiziario debba essere necessariamente riservata ad un professionista qualificato (commercialista o avvocato) e non possa coincidere con un dipendente pubblico e/o di una società partecipata, ancorché competente, anche per i possibili conflitti di interesse che potrebbero in concreto configurarsi, giacché l’azienda che gestisce durante la fase giudiziaria “per conto di chi spetta” potrebbe, poi, essere confiscata e quindi acquisita dallo Stato ovverosia dallo stesso Ministero che detiene le quote di partecipazione dell’ente da cui dipende".

"Oltre a ciò - ha dichiarato il consigliere nazionale delegato alle funzioni giudiziarie, Maria Luisa Campise -  è utile ricordare che la gestione di un’impresa sequestrata, oltre agli inevitabili profili di pericolosità che l’incarico implica, richiede un impegno costante e continuo che va oltre le mansioni e gli orari lavorativi di un dipendente pubblico o para-pubblico".

"Per questo motivo - ha continuato Campise -  il Consiglio Nazionale, pur ritenendo utile creare una “rete” di rapporti tra l’amministratore giudiziario e gli enti istituzionali preposti, aveva ritenuto opportuno proporre che il dipendente della società INVITALIA, una volta dimostrato di essere in possesso dei medesimi requisiti richiesti ai liberi professionisti per l'iscrizione all'Albo degli Amministratori giudiziari,  potesse eventualmente assumere soltanto l’incarico di coadiutore dell’amministratore giudiziario, incarico questo di minore impegno e portata".

Rammarico anche per la norma (art. 13 del testo approvato dalla Camera) che, in materia di incarichi di amministratore giudiziario di aziende, pone un divieto di cumulo “comunque non superiori a tre” incarichi.

Tale disposizione, se licenziata definitivamente, sarebbe, secondo il Consiglio nazionale dei commercialisti, ab origine viziata da legittimità costituzionale, atteso che, soltanto in capo ai professionisti abilitati (avvocati e commercialisti) che svolgono l’attività di amministratore giudiziario, verrebbe illogicamente introdotto, per la gestione delle aziende sequestrate, un divieto di cumulo degli incarichi.

"Avremmo preferito, così come proposto nel corso delle tante audizione effettuate, - ha continuato Campise -  un criterio qualitativo e non quantitativo nelle dimensioni per non creare discrezionalità e disparità di trattamenti".

L'auspicio è che, ora, il Senato possa recepire le proposte formulate dai tecnici della materia onde licenziare un testo coerente ed equilibrato che riconosca il duro lavoro portato avanti dai magistrati e dagli amministratori giudiziari.

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