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Raccolta dei provvedimenti Anac per l'efficacia del nuovo codice dei contratti

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L'ANAC ha pubblicato una serie di provvedimenti attuativi del nuovo Codice degli appalti pubblici, in vista della sua efficacia.

La notizia indicata, ulteriori note e documenti sull'argomento sono disponibili, per i soli Associati, nel menù: Gestione dell'ente-Appalti, Trasparenza e Anticorruzione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il tetto agli idonei nei concorsi

Tetto agli idonei nei concorsi solo su quelli banditi dopo il 22 giugno

Di seguito, riportiamo il testo della nota prot. n. 1187 (499) del 16 giugno 2023 predisposta dal Dipartimento della Funzione Pubblica:
“Oggetto: ambito di applicazione della novella introdotta in sede di conversione del decreto legge n. 44 del 2023, all’articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Con la nota in riferimento, la Conferenza delle regioni e delle province autonome chiede un approfondimento in ordine all’ambito applicativo della recente novella introdotta dal Parlamento, in sede di conversione del decreto-legge n. 44 del 2023, all’articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che limita gli idonei nei concorsi pubblici al solo 20 per cento – rispetto ai posti banditi – dei candidati che si sono collocati dopo l’ultimo dei vincitori di concorso.
Al riguardo si evidenzia, preliminarmente, che tale disposizione è finalizzata a garantire una migliore qualità del personale assunto, e ciò in considerazione del fatto che i candidati collocati in graduatoria in una posizione rientrante nella quota introdotta corrisponde a quelli che hanno conseguito una valutazione finale più vicina al punteggio conseguito dai vincitori del concorso.
Si tratta di una misura che va letta in un’ottica di sistema nel quale gli altri fattori da valutare sono la rapidità delle nuove procedure concorsuali (massimo 180 giorni, così come previsto nel regolamento di modifica al dPR n. 487 del 1994, recentemente approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri), frequenti (il turn over annuale medio è di circa 150.000 unità) e digitalizzate.
Si tratta, pertanto, di un complesso di elementi il cui ‘combinato disposto’ non è latore di criticità, bensì costituisce un elemento di crescita qualitativa – oltre che quantitativa – della pubblica amministrazione.
Tuttavia, la misura in argomento, benché di portata generale, non è applicabile ai reclutamenti disciplinati da misure particolari, quali quelli relativi al personale sanitario, scolastico, universitario, della ricerca dell’Istituto superiore di sanità, come pure – anche se non espressamente indicati– sono da ritenere indubbiamente esclusi dal suo ambito di applicazione anche i reclutamenti del personale in regime pubblicistico.
Si è dunque dell’avviso che la misura, che comunque è destinata a dispiegare i propri effetti sono con riguardo alle graduatorie dei concorsi che saranno banditi dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 44 del 2023, non si estenda ai
concorsi delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, nonché del personale della ricerca dell’Istituto superiore di sanità”.

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Divieto di monetizzazione delle ferie

Divieto di monetizzazione delle ferie alla prova della Corte Europea

Nella causa C-218/22, l’Avvocato Generale avanti la Corte di Giustizia dell’Unione europea – nella controversia rimessa dal Tribunale di Lecce (contenzioso relativo a dipendenti comunali) per stabilire in che misura la direttiva concernente l’orario di lavoro vieti la monetizzazione delle ferie annuali retribuite, vale a dire la conversione in una somma di denaro di diritti non goduti alle ferie annuali retribuite – ha rassegnato le proprie conclusioni con atto dell’8 giugno 2023 (consultabile a questo link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:62022CC0218&qid=1686897235793&print=true), dove ha formulato le seguenti conclusioni:
“1) L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, non osta a una normativa nazionale che prevede il divieto di monetizzazione delle ferie annuali retribuite non godute al termine del rapporto di lavoro, quando:
– il divieto di richiedere l’indennità finanziaria non riguarda il diritto alle ferie annuali maturate nell’anno di riferimento in cui si ha la cessazione del rapporto di lavoro;
– il lavoratore ha avuto la possibilità di fruire delle ferie annuali retribuite nei precedenti anni di riferimento, anche nel corso del periodo minimo di riporto;
– il datore di lavoro ha incoraggiato il lavoratore a fruire delle ferie annuali retribuite;
– il datore di lavoro ha informato il lavoratore che le ferie annuali retribuite non godute non possono essere cumulate per essere sostituite da un’indennità finanziaria al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
2) L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88
impone che il datore di lavoro dimostri che ha posto il lavoratore in condizione di fruire delle ferie, che lo ha incoraggiato in tal senso, che lo ha informato dell’impossibilità di una monetizzazione al momento della cessazione del rapporto di lavoro e che, ciò nonostante, il lavoratore ha scelto di non fruire delle ferie annuali.
Qualora il datore di lavoro non lo abbia fatto, il lavoratore dovrebbe essere risarcito”.

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La riduzione della compagine RTI

Consiglio di Stato: alla Corte di Giustizia UE le questioni interpretative circa la riduzione della compagine del RTI e circa la cauzione provvisoria

Cons. Stato, sez. V, ordinanza 16 giugno 2023, n. 5950 – Pres. Caringella, Est. Caminiti

 

Unione Europea – Rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia – Contratti pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione – Raggruppamento temporaneo di imprese – Modifica soggettiva – Esclusione – Cauzione – Escussione – Compatibilità con il diritto UE

 

Sono rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’art. 267 TFUE:

 

A) “se la direttiva 2004/18/CE, gli artt. 16 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 11 comma 6, 37 commi 8, 9, 10, 18 e 19, 38, comma 1, lett. f) del d.lgs. 163/2006) che escludono, in caso di scadenza del termine di validità dell’offerta originariamente presentata da un raggruppamento temporaneo di imprese costituendo, la possibilità di ridurre, all’atto dell’estensione della validità temporale della medesima offerta, la originaria compagine del raggruppamento; in particolare, se tali disposizioni nazionali siano compatibili con i principi generali del diritto dell’Unione europea di libera iniziativa economica ed effetto utile, nonché con l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”;

 

B) “se la direttiva 2004/18/CE, gli artt. 16, 49, 50 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 4, Protocollo 7, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo - CEDU, l’art. 6 del TUE, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 38, comma 1, lett. f), 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006) che prevedano l’applicazione della sanzione d’incameramento della cauzione provvisoria, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di un contratto pubblico di servizi, altresì a prescindere dalla circostanza che lo stesso sia o meno risultato aggiudicatario dell’affidamento medesimo”(1).

 

(1) Con riguardo alla prima questione pregiudiziale il Consiglio di Stato ha chiarito che alla stregua delle coordinate ermeneutiche, elaborate nel tempo dalla giurisprudenza amministrativa, l’esclusione del raggruppamento nel suo complesso si profila quale atto dovuto, sia in quanto violativo del principio di immodificabilità del RTI – qualora non sia dimostrata la sussistenza di esigenze organizzative dell’intero raggruppamento a base del recesso esercitato dal singolo operatore aderente al raggruppamento (cui deve equipararsi la mancata conferma dell’offerta all’atto della scadenza della sua vincolatività) – sia laddove il recesso si profili come operato con finalità elusiva, in quanto volto a evitare una sanzione di esclusione della gara per difetto dei requisiti in capo al componente del RTI che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva. Peraltro, il combinato disposto degli artt. 11,

 

comma 6, 37, commi 8, 9, 10, 18 e 19 e 38, comma 1, lett. f) d.lgs 163/2006, come interpretati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, costringendo i componenti del RTI a rimanere vincolati all’offerta presentata per un periodo indefinito di tempo, anche in caso di plurime scadenze della sua vincolatività, in presenza di gare complesse di lunga durata – con la sola possibilità di non conferma dell’offerta da parte di tutti gli originari componenti del RTI – è apparso al Collegio di dubbia compatibilità con il principio di libertà di impresa di cui all’art. 16 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea secondo cui “è riconosciuta la libertà di impresa, conformemente al diritto dell’unione e alle legislazioni e prassi nazionali” nonché con i principi di proporzionalità di cui all’art. 52 della medesima Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli 49, 50, 54 e 56 del TFUE.

 

Con riguardo alla seconda questione pregiudiziale il Collegio precisa che in ragione dell’entità e assoluta rilevanza del sacrificio patrimoniale imposto a parte appellante, per la stessa l’escussione delle cauzioni provvisorie verrebbe ad acquisire i connotati di una sanzione cui non può che necessariamente riconoscersi carattere penale, secondo l’accezione cristallizzata nell’interpretazione della Corte EDU: l’automatico incameramento delle garanzie provvisorie, nella vicenda controversa, integrerebbe invero gli estremi di una evidente violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni.

 

Il codice dei contratti e attività formative

PNRR Academy: al via la FAD sul nuovo Codice dei Contratti

Da mercoledì 28 giugno 2023 sono disponibili sulla piattaforma nazionale appalti le lezioni FAD (asincrone) sul nuovo codice appalti D.Lgs 36/23 previsti dalla UNIT 1, del Piano nazionale di formazione per l’aggiornamento professionale dei RUP annualità 2022-2023 (PNRR Academy).

 

L’attività formativa è totalmente gratuita, disponibile alla piattaforma nazionale e-learning ed è realizzata da MIT-SNA-ITACA-IFEL con la collaborazione della Rete degli osservatori regionali sui contratti pubblici.

 

L’obiettivo del corso è quello di fornire agli utenti una formazione base sul nuovo codice appalti. L'attività formativa rientra tra i "percorsi base" in materia di contrattualistica pubblica e concorre al raggiungimento dei requisiti formativi previsti dal nuovo sistema di qualificazione di cui agli art. li 62 e 63 e dell'allegato II.4 del D.Lgs 36/23.

 

Al termine dell’intero ciclo formativo è previsto un test finale per il rilascio dell’attestato.

Adeguamento contratti di servizio rifiiuti

Gestione Rifiuti: tre mesi per adeguare i contratti di servizio vigenti sulla base dei PEF


Con l’emanazione del Documento per la Consultazione 262/2023/R/rif del 13 giugno scorso, ARERA ha approvato gli orientamenti finali in relazione al contratto di servizio per la regolazione dei rapporti fra enti affidanti e gestori del servizio dei rifiuti urbani, di cui propone per la prima volta lo schema tipo di riferimento. In tale documento si rilevano alcune ipotesi di impostazione apprezzabili la cui effettiva applicabilità è tuttavia condizionata dall’impatto che potrebbe avere il PEF TARI predisposto secondo MTR-2 (ovvero il metodo tariffario vigente).

Il Piano Economico Finanziario di Affidamento. Una novità particolarmente interessante ed utile nel definire e tutelare i rapporti tra enti e gestori è certamente rappresentata dal Piano Economico Finanziario di Affidamento, regolato dagli articoli 8 e 9 dell’Allegato A al Documento di Consultazione, che dovrà essere allegato al contratto di servizio (di cui costituirà parte integrante e sostanziale). La composizione di tale documento non è però operativamente dettagliata e non è quindi chiaro se si dovrà compilare un tool identico a quello dei Piani Finanziari regolati dal MTR-2. Questi ultimi sono infatti completamente basati sulla rilevazione dei costi dell’anno a-2, improponibile nei casi di nuovi affidamenti dove dovrebbe valere la deroga prevista dall’articolo 1.5 della Determinazione ARERA n. 2/DRIF/2021:

“Ove, in conseguenza di avvicendamenti gestionali, non siano disponibili i dati di costo di cui all’articolo 7 del MTR-2, il gestore subentrante tenuto alla predisposizione del piano economico finanziario deve:

[…] b) nei casi di avvicendamenti gestionali aventi decorrenza a partire dall’anno di riferimento del piano economico finanziario e, qualora non si disponga di dati effettivi parziali, fare ricorso alle migliori stime dei costi del servizio per il medesimo anno”.

ARERA anticipa che per quanto riguarda le modalità di affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti, nell’ambito del procedimento finalizzato alla definizione degli schemi di bandi di gara (deliberazione 50/2023/R/RIF), saranno fra l’altro disciplinati i criteri per la determinazione dell’importo a base di gara, nonché per la formulazione e la valutazione delle offerte (economiche e tecniche) affinché le stesse siano coerenti con le previsioni regolatorie in materia tariffaria e di qualità.

Non è però chiaro cosa avvenga nel caso di aggiornamento del Piano Finanziario di Affidamento nelle annualità in cui saranno disponibili i costi di cui all’anno a-2: in caso di disallineamento quali saranno i valori che prevarranno, quelli previsionali o quelli a consuntivo riferiti a due anni precedenti? In questo secondo caso i dati potrebbero essere sensibilmente più elevati (nel caso di sottostima dei costi in sede di affidamento) oppure più bassi (qualora l’efficientamento abbia condotto a risparmi rispetto a quanto stimato 2 anni prima). In tali circostanze come sarebbe tutelato il principio di concorrenza dal momento che il valore di corrispettivo in sede di affidamento sarebbe soppiantato dal valore emergente dall’applicazione del metodo tariffario pro-tempore vigente?

Eppure il testo non sembra chiarire univocamente che il PEF di Affidamento dovrà seguire lo stesso iter del PEF ordinario introdotto dalla Delibera 363/2021: all’articolo 9 si parla di aggiornamento del primo con procedura partecipata che prende le mosse da una presentazione dello schema di aggiornamento da parte del Gestore. Tuttavia il PEF “tariffario” (fino ad oggi usato per la determinazione delle tariffe e non del corrispettivo tra ETC e Gestore) è da rivedere a intervalli definiti dall’Autorità (ad es. entro il 30 aprile 2024) e non occorre quindi un’istanza di parte costituendo esso stesso un adempimento. Nel Documento di Consultazione infatti ARERA dispone che “L’Ente territorialmente competente garantisce per tutta la durata dell’affidamento la coerenza fra il corrispettivo spettante al gestore e l’ammontare dei costi riconosciuti dal metodo tariffario pro tempore vigente, assicurandone l’adeguamento in sede di approvazione e aggiornamento della predisposizione tariffaria ai sensi dalla regolazione vigente”. Ciò lascia supporre che il Piano Finanziario di Affidamento dovrà essere aggiornato sulla base di quanto dispone ARERA mediante il Piano Finanziario “ordinario” con tutte le problematiche anticipate sopra, che l’avvicendamento tra i due potrebbe generare.

Le criticità più evidenti. Decorsi due anni dall’affidamento il valore del corrispettivo potrebbe dover essere calcolato sulla base dei costi “efficienti” rilevati nel bilancio della Società di due anni precedenti, a cui potranno essere applicati eventuali correttivi anche sulla scorta della procedura di validazione effettuata dagli Enti Territorialmente Competenti. Una simile statuizione porterebbe con sé conseguenze davvero inedite ed una serie di criticità evidenti. In primis, l’approvazione del testo così come presentato dall’Autorità aprirebbe la strada ad una sorta di ripiano a consuntivo dei costi sostenuti dal Gestore che, al pari di quanto avviene oggi per determinare i Piani Finanziari, individua all’interno del proprio bilancio (conto economico) i costi per l’effettuazione del servizio: non sarà per nulla immediato per i diversi ETC (talvolta costituiti anche da Comuni di piccolissime dimensioni) verificare che tali valori siano “efficienti” come richiede ARERA, dal momento che essi sono semplicemente quelli sostenuti dal Gestore due anni prima, con l’applicazione degli eventuali driver utili a ripartire forfetariamente costi di carattere generale o più frequentemente non allocabili alle diverse singole Gestioni, vista l’infrequenza dell’adozione di sistemi di contabilità analitica da parte delle Società che erogano i servizi.

Si pensi anche al potenziale incremento annuale dei costi del servizio: nell’attuale sistema ciò è consentito per i contratti a misura, solo in presenza di maggiori rifiuti conferiti o nei casi di incremento degli indici di inflazione. Con un’attuazione come quella sopra ipotizzata invece il corrispettivo non potrà tenere conto di tali variabili in quanto il Piano Finanziario, basato sui costi dell’anno a-2, non sarebbe sufficientemente allineato alla situazione dei costi dell’anno in cui esso viene elaborato: ciò che è accaduto nell’anno 2023 è piuttosto emblematico, con i Gestori che hanno potuto far valere le clausole contrattuali che prevedevano un incremento del corrispettivo sulla base dell’aumento del carovita e che un domani, se vincolati ad applicare i valori di due anni precedenti, non potranno più procedere in tal senso, vincolati ad introitare solo quanto desunto dal bilancio e con la possibilità di vedersi riconosciuto il maggior costo derivante da inflazione, ed effettivamente sostenuto nella stessa annualità, soltanto due anni dopo, generando quindi evidenti disallineamenti nella gestione. Non solo l’inflazione: anche l’eventuale rincaro di costi specifici sostenuti dal Gestore, ad esempio quelli relativi all’accesso ad impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, non potrebbe essere valorizzato adeguatamente in quanto letteralmente tale incremento non rientra tra le motivazioni per la valorizzazione dei Costi Operativi Incentivanti che consentirebbero un incremento dei costi efficienti solo in presenza di specifici target di miglioramento da perseguire. In questo modo la remunerazione del Gestore avverrebbe ancora sulla base di costi relativi all’anno a-2 sebbene i costi effettivamente sostenuti possano essere già più elevati, generando un’assurda necessità di anticipazione di esborso non coperto dalle entrate garantite per contratto.

Si può ancora citare la problematica connessa al perseguimento dell’efficienza operativa: ad oggi una Società che si aggiudica il servizio potrà efficientare per contenere i costi e dunque aumentare il profitto (nel caso di Società privata) o ridurre la spesa per il Comune e conseguentemente le tariffe (nel caso di Società in house). Se però il corrispettivo dovesse coincidere con il valore determinato nel Piano Finanziario “ordinario” (ex MTR-2) l’efficientamento non genererebbe un maggior guadagno per la Società, ovviamente a parità di prestazione resa. Questo sistema potrebbe, quindi, condurre a comportamenti opportunistici non incentivanti, mantenendo livelli di costo lineari nel tempo, in merito ai quali non è detto che l’Ente Territorialmente Competente disponga degli elementi per intervenire (soprattutto se si tratta di Comune di piccole dimensioni, ad esempio).

L’aggiornamento dei contratti attualmente in vigore. Tutto quanto esposto fin qui fa riferimento alla concomitanza dei Piani Finanziari tariffario e di affidamento in caso di nuova assegnazione del servizio. Tuttavia l’Autorità è orientata a prevedere che i contratti di servizio debbano essere resi conformi allo schema tipo entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento. Ciò significa che l’adeguamento coinvolgerebbe tutti i contratti attualmente in essere, per i quali ad oggi il corrispettivo si basa sul valore di affidamento determinato non necessariamente (anzi solo in rari casi) su modalità difformi dal metodo tariffario MTR-2. Non è quindi affatto chiaro se ed in che modo dovranno essere redatti Piani Economico Finanziari di Affidamento o se il corrispettivo dovrà subire modificazioni in corsa (ed in tale ultimo caso come ciò impatterebbe sulla tutela della concorrenza). In moltissimi casi da noi esaminati, infatti, i Piani Finanziari redatti dai Gestori sulla base del MTR-2 riportavano valori complessivi di costo più elevati rispetto agli importi relativi agli affidamenti in essere: a questo proposito ARERA nel precedente documento di consultazione (643/2022) aveva indicato “l’Autorità ritiene necessario che il contratto di servizio dia esplicita evidenza:

• al principio per cui i costi risultanti dal piano economico finanziario del gestore costituiscono il valore massimo riconoscibile al gestore medesimo;

• all’accordo tra le parti disciplinante l’esercizio della facoltà di riconoscere quale corrispettivo contrattuale un valore inferiore a quello risultante dai costi riportati nel piano economico finanziario senza pregiudicare l’equilibrio economico finanziario. In particolare, si ritiene opportuno che le parti esplicitino, in coerenza con l’offerta economica presentata in sede di affidamento del servizio, se e a quali condizioni il gestore s’impegna ad accettare un corrispettivo contrattuale inferiore ai costi riportati nel piano economico finanziario in coerenza con la metodologia tariffaria pro tempore vigente”.

Tale indicazione è tuttavia scomparsa nel testo del Documento in commento e ciò pare vincolare ancora di più i contraenti a rispettare, senza la possibilità di accordi tra le parti, quanto emerge dal Piano Finanziario assumendo tali importi quali corrispettivi del servizio.

In ultima analisi occorre evidenziare che quanto sin qui riportato allude al rapporto frequente tra Ente Territorialmente Competente (talvolta impersonato dal Comune affidante) ed il Gestore affidatario del servizio di raccolta, trasporto rifiuti e spazzamento stradale; in moltissimi casi, tuttavia, la Gestione della Tariffa e Rapporto con gli utenti è in capo al Comune stesso. Ogni riferimento al Gestore che si rintraccia nel testo del Documento di Consultazione così come nell’Allegato Schema Tipo di Contratto è riferito genericamente al Gestore e ciò letteralmente farebbe supporre che vada sottoscritto un contratto altresì tra Ente Territorialmente Competente e Comune in veste di Gestore della Tariffa, pur sapendo che tale rapporto non è ad oggi mai stato regolato da alcun contratto, alla luce del fatto che l’ente locale resta il titolare dell’entrata in tutti i casi di TARI-tributo.

A margine di queste considerazioni ci preme ricordare che ARERA segnala a tutti i soggetti interessati che entro il 5 luglio potranno essere trasmesse le osservazioni e proposte in forma scritta sul documento di consultazione finale messo a disposizione (scaricabile qui). Invitiamo tutti coloro che condividano le preoccupazioni sopra espresse ed interessati ad ulteriori approfondimenti sulla questione, a contattarci scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. per valutare eventuali azioni volte a sensibilizzare l’Autorità sulle possibili conseguenze di un sistema come quello che potrebbe delinearsi nell’immediato futuro.
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