Un anno dalla legge sul whistleblowing

Un anno dalla legge sul whistleblowing: facciamo il punto - Transparency Italia

Ebbene sì, è già passato un anno da quel 15 novembre 2017 in cui alzavamo i calici per brindare ad un traguardo importante: la legge sul whistleblowing.

Finalmente, la tutela di chi segnala corruzione arrivava anche nel nostro Paese e portava con sé un risultato che aspettavamo dal 2009 e per il quale ci siamo spesi su più fronti, con la quotidiana assistenza ai segnalanti di ALAC, attraverso un’opera di costante advocacy, passando anche per una campagna (#vocidigiustizia ndr.) di sensibilizzazione e coinvolgimento della cittadinanza.

whistleblowing legge camera deputati 15 novembre 2017


Firme #vocidigiustizia a Presidente Senato Grasso

Teca whistleblowing Transparency Italia #fuorilavoce #vocidigiustizia


I dati delle segnalazioni

I dati di ANAC evidenziano una maggiore diffusione del whistleblowing nel settore pubblico, quello su cui la legge ha inciso maggiormente. A fine maggio di quest’anno infatti, l’Autorità aveva già ricevuto 621 segnalazioni, con un trend in netta crescita rispetto all’anno precedente. La media delle segnalazioni ricevute al mese è raddoppiata, passando da 30,33 del 2017 a 66,08 del 2018.

Anche con ALAC registriamo lo stesso tipo di trend. Nei primi dieci mesi del 2018 infatti abbiamo ricevuto 138 segnalazioni.
Cos’è cambiato nelle Pubbliche Amministrazioni?

Il quadro si rafforza se pensiamo ai dati raccolti nel report L’Anticorruzione nei Comuni Italiani. Infatti, ben il 94% dei 115 comuni capoluogo di provincia analizzati ha adottato una procedura specifica per ricevere le segnalazioni dei propri dipendenti.

Tuttavia, solo il 40% di questi enti utilizza un sistema informativo per ricevere le segnalazioni. Questo a discapito della fiducia del lavoratore che non si sente sicuro nel segnalare all’interno del proprio ente. I canali “tradizionali”, come il telefono oppure l’email, sono inadeguati e non garantiscono l’anonimato del segnalante.

Per questo motivo, insieme al Centro Hermes per la Trasparenza e i Diritti Umani Digitali, abbiamo lanciato il progetto WhistleblowingPA. Lo scopo è proprio quello di aiutare la diffusione di procedure complete per il whistleblowing e mettere a disposizione di tutte le PA – gratuitamente – una piattaforma informatica dedicata. Un vero e proprio canale per le segnalazioni, come richiesto dalla normativa.
Cosa c’è ancora da fare?

I dati – come abbiamo visto – sono incoraggianti. Eppure, restano alcune problematiche nell’applicazione vera e propria della legge.

“La più preoccupante“, sottolinea Giorgio Fraschini, il nostro esperto di whistleblowing, “riguarda le incertezze da parte dei Responsabili Anticorruzione sul trattamento e la protezione dell’identità del segnalante“.

“Spesso infatti“, prosegue Fraschini, “viene data maggiore priorità al contenuto della  segnalazione, trascurando però la protezione del segnalante. Questo è un pericolo che dobbiamo scongiurare perché le conseguenze per chi si espone potrebbero essere molto dannose, sia sul piano lavorativo che personale”.

C’è poi una carenza che la legge si porta dietro: la tutela del segnalante nel settore privato. In questo settore infatti la normativa resta parziale e non prevede le stesse tutele del settore pubblico.

Nonostante questo, molte delle aziende interessate alla normativa – quelle che hanno un modello organizzativo 231/2001- si sono attivate per integrare i nuovi obblighi in materia. Attualmente però non possiamo dire che il whistleblowing sia diffuso in maniera uniforme nel settore privato. In base ai dati del Business Index on Transparency 2018 (che sarà pubblicato il prossimo 20 novembre), sembra che le aziende con un migliore sviluppo di policy e pratiche di whistleblowing siano quelle del settore energetico e le società partecipate dallo Stato. Molto carenti invece le società calcistiche e i settori alimentari e moda.

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