L'abitazione principale

www.ancitel.it DOMANDA:

Si pone un quesito in merito alla correttezza degli avvisi di accertamento IMU e TASI emessi dal nostro Comune nei confronti di un contribuente che risulta risiedere con la moglie e due figli nell'abitazione di proprietà della moglie per il 100 per cento; tale contribuente è titolare del 100 per cento del diritto di abitazione su un altro immobile sempre nel Comune scrivente ma in altro indirizzo, nel quale sostiene di dimorare abitualmente e di poter comprovare la dimora abituale con ricevute di utenze ed altra documentazione. Peraltro l’Ufficio aveva già contestato l’omesso versamento dell’IMU relativa all’anno 2012 con l’aliquota degli altri fabbricati con un accertamento che era stato pagato e il contribuente aveva versato interamente l’importo dovuto per il 2013 nonché la rata dell’acconto e la rata del saldo rispettivamente per gli anni 2016 e 2015. Ritiene adesso il contribuente che il mancato adeguamento della residenza rispetto alla sua dimora abituale in altro alloggio rispetto a quello della moglie comporti al massimo la sanzione di cui all’art. 11 L. 1228/1954, ma non anche l’obbligo di pagare IMU e TASI come altri fabbricati; in particolare ritiene che ai sensi dell’art. 43 c.c. (nonché dell’art. 2 TUIR) nella sostanza dimora abituale e residenza anagrafica debbano coincidere per legge, e che conseguentemente non sia corretto vincolare l’esenzione della prima casa ai fini IMU alla sussistenza di entrambi i requisiti come previsto dall’art. 13 D.L. 201/2011. Ritiene infatti che dalla mancata richiesta di variazione della residenza possa derivare l’applicazione di una sanzione di natura civilistico-amministrativa ma non anche il recupero dei tributi in quanto di fatto la dimora abituale coincide con la residenza. Si chiede se la linea accertativa del Comune basata sulla necessaria sussistenza di entrambi i requisiti della dimora abituale e della residenza risulti corretta e sostenibile in un eventuale ricorso, e di voler indicare la linea interpretativa MEF nonché eventuali sentenze utili in caso di ulteriore contestazione.

 

RISPOSTA:

Ai sensi dell’art. 13, c. 2, del D.L. 201/2011, per abitazione principale si intende l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente e nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile. Lo scopo di tale norma è quello di evitare comportamenti elusivi in ordine all’applicazione delle agevolazioni per l’abitazione principale, e, quindi, la norma deve essere interpretata in senso restrittivo, soprattutto per impedire che, nel caso in cui i coniugi stabiliscano la residenza in due immobili diversi nello stesso comune, ognuno di loro possa usufruire delle agevolazioni dettate per l’abitazione principale e per le relative pertinenze. E’ quanto affermato dalla circolare del Ministero dell’Economia 3/DF del 18 maggio 2012; pertanto il comportamento del comune è corretto poiché non possono essere agevolati due immobili adibiti ad abitazione principale. Si badi che il requisito congiunto della residenza anagrafica e della dimora rileva sia in capo al contribuente, sia in capo al nucleo familiare del possessore. Pertanto, analogamente a quanto avviene nell’ICI, sembra non possibile riconoscere l’agevolazione nel caso in cui in cui l’abitazione costituisca la dimora abituale del contribuente ma non della famiglia (Cass. Trib., 15 giugno 2010, n. 14389). 

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