Interrogazione parlamentare sul PNA

Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00456
Pubblicato il 5 novembre 2013, nella seduta n. 134

RICCHIUTI, ORRU’, PADUA, CRIMI, MANASSERO, LO GIUDICE, SPILLABOTTE, PEZZOPANE, ALBANO, DE MONTE – Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

Premesso che:

con la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” è stato introdotto, anche nel nostro ordinamento, un sistema organico di prevenzione della corruzione come più volte sollecitata dagli organismi internazionali, in particolare GRECO, WGB, OECD, IRG, ONU;

l’aspetto caratterizzante del sistema di prevenzione della corruzione consiste nell’articolazione del processo di formulazione e attuazione delle strategie di prevenzione della corruzione su due livelli;

ad un primo livello, quello “nazionale”, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri predispone, sulle linee di indirizzo adottate da un comitato interministeriale, il Piano nazionale anticorruzione (PNA) che successivamente viene approvato dalla Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), individuata dalla legge quale autorità nazionale anticorruzione;

come si legge nel PNA approvato, ad un secondo livello, «quello “decentrato”, ogni amministrazione pubblica definisce» un piano territoriale di coordinamento provinciale, che, sulla base delle indicazioni presenti nel PNA, «effettua l’analisi e la valutazione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente indica gli interventi organizzativi volti a prevenirli»;

considerato che:

l’11 settembre 2013 è stato approvato dalla CIVIT il PNA i cui destinatari sono: tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; le Regioni, gli enti del Servizio sanitario nazionale, gli enti locali e gli enti loro collegati, fermo restando quanto previsto dall’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata il 24 luglio 2013 ai sensi dell’art. 1, commi 60 e 61, della legge n. 190 del 2012; il personale delle forze armate, forze di polizia ad ordinamento civile e militare, della carriera diplomatica e prefettizia, i professori e ricercatori universitari, disciplinati dai propri ordinamenti ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001; enti pubblici economici (ivi compresa l’Agenzia del demanio e le autorità portuali), gli enti di diritto privato in controllo pubblico, le società partecipate e le loro controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile per le parti in cui tali soggetti sono espressamente indicati come destinatari; gli enti di diritto privato in controllo pubblico, con cui si intendono le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche amministrazioni, sottoposti a controllo ai sensi dell’art. 2359 del codice civile da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi;

rilevato che:

non sono soggetti agli stessi obblighi le autorità amministrative indipendenti, le amministrazioni della Camera e del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica, gli organi di autogoverno della magistratura e dell’Avvocatura dello Stato a cui, però, nel piano viene rivolta una raccomandazione «a valutare l’adozione di iniziative, anche in analogia a quanto stabilito dalla l. n. 190 e dai decreti attuativi della legge, al fine di attuare un’adeguata politica di prevenzione del rischio corruzione»;
la stessa legge 6 novembre 2012, n. 190, prevede all’articolo 1, comma 44, che per ciascuna magistratura e per l’Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottino un codice etico a cui devono aderire gli appartenenti alla magistratura interessata al fine di assicurare, analogamente a quanto previsto per i codici di comportamento adottati dalle pubbliche amministrazioni, la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. In caso di inerzia, il codice è adottato dall’organo di autogoverno,

si chiede di sapere se al Governo risultino iniziative predisposte o in via di definizione da parte delle autorità amministrative indipendenti, delle amministrazioni delle Camera e del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica, degli organi di autogoverno della magistratura e dell’Avvocatura dello Stato per applicare i principi di cui alla raccomandazione contenuta nel piano nazionale anticorruzione e per recepire quanto previsto dall’articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012 al fine di implementare un’adeguata politica di prevenzione del rischio corruzione.

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