La rinegoziazione del contratto

   Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la seconda riduzione dell’importo contrattuale, disposta da una amministrazione in fase di rinegoziazione ex art. 9 ter, d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con l. 6 agosto 2015, n. 125, e ciò in quanto essa non dispone di un potere autoritativo di modifica unilaterale dell’oggetto del contratto, ma solo di un diritto potestativo di recesso in caso di mancato accordo tra le parti sulla riduzione del prezzo o delle prestazioni (controbilanciato da analoga potestà dell’appaltatore di sciogliersi dal vincolo), con la conseguenza che neppure la pretesa dell’Amministrazione di procedere ad una seconda riduzione dell’importo contrattuale può ascriversi all’esercizio di una potestà pubblica, in relazione al quale possa predicarsi un cattivo uso del potere  (così Consiglio di Stato, sez. III, 25.03.2019 n. 1937).

    L’art. 9 ter, d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con l. 6 agosto 2015, n. 125, ha previsto che l’Amministrazione propone alla controparte negoziale una rinegoziazione del contratto che, attraverso la riduzione dei prezzi unitari di fornitura o dei volumi di acquisto pattuiti in origine, realizzi l’obiettivo della riduzione del cinque per cento, su base annua, del suo valore complessivo e riconosce alle stesse parti, qualora non si trovi l’accordo sulla modifica del contratto, un reciproco diritto di recesso. Come rilevato dalla Corte costituzionale, in questo sistema la volontà dell’affidatario del contratto rimane determinante per l’esito definitivo della procedura di rinegoziazione, poiché “l’alterazione dell’originario sinallagma non viene automaticamente determinata dalla norma, ma esige un esplicito consenso di entrambe le parti. Ove tale consenso non venga raggiunto, soccorrono … le ipotesi alternative … del recesso, della nuova gara e della adesione transitoria a contratti più vantaggiosi” (Corte cost. n. 169 del 2017).

    L’Amministrazione non dispone, dunque, di un potere autoritativo di modifica unilaterale dell’oggetto del contratto, ma solo di un diritto potestativo di recesso in caso di mancato accordo tra le parti sulla riduzione del prezzo o delle prestazioni, controbilanciato da analoga potestà dell’appaltatore di sciogliersi dal vincolo.

    La giurisdizione amministrativa sulla controversia non può neppure radicarsi nell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a., che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solamente le controversie “… relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.

    Queste attengono all’applicazione della clausola di revisione periodica del prezzo che genera un procedimento nel quale il privato contraente è titolare di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa (a fronte qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale) ed eventualmente di una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum, se ed in quanto intervenga il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale (Consiglio di Stato, sez. III, 06.08.2018 n. 4827); ovvero all’applicazione del meccanismo di adeguamento del prezzo chiuso su istanza dell’appaltatore, che è una forma di revisione del compenso, propria del sistema del prezzo chiuso, che si differenzia dal primo caso solo per la mancanza di una clausola contrattuale (Cass., SS.UU., 26 settembre 2011, n. 19567).

    Si tratta, dunque, di strumenti di tutela dell’originario equilibrio fra le concordate prestazioni contrattuali che assolvono alla duplice finalità di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e di evitare, al contempo, che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto. www.sentenzeappalti.it

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