Il Sud e l'ecomafia

Il Sud e la zavorra dell’ecomafia. Un contributo di Enrico Fontana
15 Maggio 2025
Enrico Fontana
Sono 358.454 i reati contro l’ambiente accertati dal 1997 al 2023, perpetrati nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), pari al 45,7% del totale nazionale. Dal ciclo illegale dei rifiuti all’abusivismo edilizio agli incendi dolosi: l’ecomafia è un fenomeno che aggredisce il territorio a livello nazionale, ma si concentra ancora maggiormente nella parte meridionale del paese. È necessario mantenere alta l’attenzione, come fa Legambiente con il rapporto Ecomafia che quest’anno si legherà ad una conferenza nazionale sul tema.

Quando coniammo come Legambiente nel 1994 il termine “ecomafia”, entrato dal 1999 nel vocabolario Zanichelli della lingua italiana, avevamo negli occhi le immagini delle devastazioni ambientali causate dal clan dei casalesi in provincia di Caserta, lungo il litorale Domitio flegreo: cave abusive di sabbia, trasformate in laghetti, perché erano a ridosso del mare, con la falda idrica superficiale, in cui venivano seppellite migliaia di tonnellate di rifiuti, anche pericolosi, provenienti soprattutto dalle regioni del Nord. Trent’anni dopo, come dimostrano i dati pubblicati ogni anno nel Rapporto Ecomafia, il Mezzogiorno continua ad essere l’epicentro dei fenomeni di criminalità ambientale nel nostro Paese.

I numeri parlano chiaro: dal 1997 (primo anno in cui sono diventati disponibili i dati su base regionale) al 2023 nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) sono stati accertati 358.454 reati contro l’ambiente, pari al 45,7% del totale nazionale. In testa alla classifica figura, da sempre, la Campania, che ha accumulato 117.919 reati, seguita dalla Calabria (84.472), dalla Sicilia (82.290) e dalla Puglia, con 73.773 illeciti penali.

La percentuale dei fenomeni criminali contro l’ambiente scende di poco per quanto riguarda il ciclo illegale cemento (dalle cave fuorilegge alle case abusive), attestandosi al 45,2% del totale nazionale e nel ciclo illegale dei rifiuti, con il 42,5% di tutti i reati, dalle discariche abusive ai traffici illeciti.

Le conseguenze di questa aggressione, legata quasi sempre ad attività economiche e molto spesso agli interessi diretti delle mafie (378 i clan censiti da Legambiente dal 1995), sono devastanti, per l’ambiente e la salute delle persone.  Basta pensare a quello che è avvenuto con gli smaltimenti illegali di rifiuti nella “Terra dei fuochi”, tra le province di Napoli e Caserta, oggetto nel gennaio di quest’anno persino di una sentenza di condanna dello Stato italiano da parte della Corte europea dei diritti umani, per non aver garantito adeguatamente il diritto alla vita di chi ci abita.

Non è meno grave l’impatto anche sull’economia legale di un’attività, l’abusivismo edilizio, che continua a consumare illegalmente suolo soprattutto nel Mezzogiorno e moltiplicare i fenomeni di dissesto idrogeologico. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat nel rapporto sul Bes (Benessere equo e sostenibile) del 2023, in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia vengono costruite ogni anno, in media, 46,8 case abusive ogni 100 realizzate rispettando le regole, contro un valore nazionale di 15,1.

Imbarazzanti i numeri sulle ordinanze di demolizione in queste quattro regioni, raccolti grazie al monitoraggio civico realizzato da Legambiente con la campagna “Abbatti l’abuso”, a cui hanno risposto 387 Comuni: dal 2004 al 2022 ne sono state emesse complessivamente 52.661 e ne sono state eseguite appena 7.791, pari al 14,8%.

L’ultimo “fotogramma” della pressione ecocriminale in Sicilia, Puglia, Calabria e Campania è quello relativo agli incendi boschivi e di vegetazione, relativi al 2023: il 51,5% dei reati si concentra in queste quattro regioni che da sole rappresentano il 91,7% della superficie andata a fuoco, pari 106.860 ettari. In questa “filiera” a guidare la classifica è, drammaticamente, la Sicilia in testa con 74.420 ettari inceneriti nel 2023, pari al 69,6%.

Quelli denunciati ogni anno nel Rapporto Ecomafia, grazie alla collaborazione con tutte le forze dell’ordine e le Capitanerie di porto, non sono, ovviamente, tutti reati riconducibili alle organizzazioni mafiose, anche se figurano quasi sempre, soprattutto per la gestione illecita dei rifiuti e l’abusivismo edilizio, nei decreti di scioglimento delle amministrazioni comunali. Ma la loro concentrazione in questi territori non è una coincidenza o solo il frutto del maggior numero di controlli che vengono eseguiti.

La presenza dei clan moltiplica lo sfruttamento illegale dell’ambiente e del territorio, si alimenta di cattiva amministrazione, ne approfitta per stringere rapporti con quell’imprenditoria, sempre più interessata a farci affari per accumulare profitti: solo nel 2023 il fatturato illegale dell’ecomafia è stato stimato da Legambiente in 8,8 miliardi di euro, arrivando così ad accumulare, dal 1995, ben 259,8 miliardi.

In questi anni, fortunatamente, sono cresciuti anche gli antidoti, a cominciare dai delitti contro l’ambiente inseriti nel Codice penale dieci anni fa, grazie alla legge 68 del 2015, a cui aggiungere, prima possibile, le riforme che ancora mancano: dal recepimento della direttiva comunitaria del 2024 sulla tutela penale dell’ambiente alle maggiori risorse economiche da destinare a Comuni, Prefetture e magistratura per demolire gli immobili abusivi, fino all’inserimento, nel Codice penale, dei delitti contro le agromafie.

Così come si stanno diffondendo le buone pratiche legate alla transizione ecologica, dalla raccolta differenziata agli impianti dell’economia circolare, che vanno decisamente moltiplicate proprio nel nostro Mezzogiorno. Con coraggio, determinazione e consapevolezza da parte di tutti: cittadine e cittadini, associazioni, imprese e amministratori locali.

Per mantenere alta l’attenzione e ampliare le conoscenze sui veleni dell’ecomafia e gli antidoti, se ne discuterà come tema centrale nella conferenza nazionale ControEcomafie (vedi locandina) organizzata da Legambiente e Libera per il prossimo 16 e 17 maggio a Roma.

*responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente

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